DAVID PALTERER

David Palterer (Haifa, 1949) è un architetto, designer e artista israeliano naturalizzato italiano che vive e lavora a Firenze.
Nasce a Haifa, in Israele nel 1949, vive a Firenze in Italia dal 1972, dove si laurea nel 1979. Ha insegnato presso la Staatliche Akademie der bildenden Kunste di Stuttgart, la facoltà di architettura dell’Università degli studi di Firenze. Dal 2008 insegna alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano Polo di Mantova e dal 2009 al ISIA Firenze. Si occupa di progetti che spaziano dalla scala territoriale, a quella urbana, sino al progetto per interni per il quale sviluppa componenti d’arredo. Disegna per: Artemide, Acerbis, Draenert, Driade, Daum, Ritzenhoff, Up Group per la quale è anche art director e Zanotta, Alcuni di questi oggetti fanno parte delle collezioni permanenti di importanti gallerie e musei.
Tra questi: il Kunstgewerbe Museum di Vienna, l’Umeleckoprümyslov Museum di Praga, l’Israel Museum di Gerusalemme, l’Het Kruithuis di Den Bosch, il Musée des beaux arts di Montréal, la Civica galleria d’arte moderna di Gallarate, il Fonds national d’art contemporain di Parigi, il Chicago Athenaeum Museum e il Künstmuseum di Düsseldorf. Notevole l’attività espositiva con mostre personali o collettive in Italia e all’estero. I suoi lavori sono stati pubblicati sulla stampa specializzata nazionale ed internazionale.Nata a Milano il 10 Febbraio 1965. Dopo il liceo artistico si è diplomata alla NABA (Nuova Accademia di Belle Arti), seguendo contemporaneamente i corsi di pittura, incisione, anatomia artistica e quelli di graphic design e comunicazione visiva. Nel 1990 si è trasferita tra le colline del Monferrato, a Cella Monte, tra le ispiranti colline del patrimonio UNESCO, dove ancora oggi lavora come designer e visual artist.

Dopo tanti anni di creazioni digitali ha cominciato a maturare la necessità di tornare ad esprimersi attraverso un approccio più manuale, più fisico. Così è ritornata alla pastosità dei colori, all’incognita del disegno manuale, i pennini, le chine, le penne, i pennelli e la carta ruvida, il legno, il pirografo, l’incisione, la foglia d’oro.

I punti cardine della sua espressione artistica si ispirano chiaramente a tematiche naturali, ma ne cambiano le regole in mondo inaspettato; esaltata dalla commistione di elementi, la natura della quale racconta è la natura della meraviglia, della trasformazione, della contaminazione, della vita che cambia forma e si evolve.

https://www.pmarchitecture.it/

Un teatrino

Atto primo: uno scatto, il penultimo di una serie che segue una sceneggiata ideata e scattata da Adam Rubin, fissa magistralmente l’attimo in cui un me bambino scoppia in un disperato pianto, dopo che gli è stata sottratta una profumatissima rosa ricevuta poco prima. Atto secondo: cinquantadue anni dopo, nel 2004 alla mostra di Matteo Civitali al museo di Villa Guinigi a Lucca, ho provato una simile sensazione di meraviglia di fronte a un’opera, e la stessa delicatezza della rosa allora datami, tolta e ridata secondo il copione. Atto terzo: con la sovrapposizione in un collage dei primi due atti, ho fissato una scena teatrale appesa nella mia ideale Wunderkammer.

Cornice in legno, fotografia, ritaglio del biglietto della mostra di Matteo Civitali del 2004


Mayday 

Mayday è un segnale internazionale utilizzato in radiofonica da un’imbarcazione o un velivolo per indicare un'immediata necessità e una richiesta di aiuto, e consiste nell'enunciazione della parola mayday per tre volte. L'origine del termine è da riscontrarsi nell'espressione francese «venez m'aider!» ("venite ad aiutarmi”) (Wikipedia)

La società del “benessere” è pronta a piangere le morti degli immigrati nel mare piuttosto che impegnarsi nella risoluzione di un fenomeno di cui sono proprio loro responsabili! All’interno della bottiglia poteva essere sigillato un messaggio, ma non avrebbe avuto la speranza di essere letto perché, sebbene ben tappata, la bottiglia è senza fondo, quindi non le è possibile contenere quel messaggio. 

Bottiglia in vetro industriale, specchio

Cerimonia del Tè

Nel 1984 al MOMA Hans Hollein, che conoscevo dai tempi della mostra Umanesimo disumanesimo, mi ha presentato Cleto Munari, il quale mi ha chiesto, con mio grande stupore,  di disegnare un “servizio da tè” per la sua nascente collezione. Detto fatto, e dopo poche settimane dal rientro, mi ha invitato alla mostra di quella collezione, la prima a Ca’ Masieri sul Canal Grande, dove, con non poca sorpresa, era esposto anche il mio servizio.

Una mezza sfera che si adagia sul manico modellato di legno di rose, a sezione variante da tondo a quadrato, dalla forma di una voluta di un capitello ionico, secondo Vincenzo Scamozzi, in omaggio all’editore anche lui vicentino.

Argento con interno bagno oro, legno di rose. Novantanove esemplari per Edizioni Cleto Munari, 1984


Myrtiramus

Nella mitologia greca il re degli dèi e sovrano dell’Olimpo è Zeus, e viene rappresentato con dei fulmini in mano, con i quali, lanciandoli, esercitava il proprio potere sulla natura. Ho cercato di rievocare l’azione però sostituendo il fulmine con un strumento “nonsense”, realizzando quindi un utensile capace di lanciare suggestioni, sensazioni e percezioni, e con questo trovare una sua ragione d’essere.

Al centro dell’asta una fusione in bronzo, un calco negativo del mio pugno, oggetto duro e peso la cui percezione tattile (trovandosi nel punto dove avviene l’impugnatura) è di morbidezza e leggerezza. Si tratta di un punto d’unione tra la punta per indirizzare il lancio, un pezzo tornito dorato, lucente come la velocità, studiato per fermare la sua eventuale penetrazione, e l’impennatura, la fusione di bronzo di un ramo d’albero che con la patina torna a essere verde, la scocca, per le diverse ramificazioni, non è univoca, come non lo sono le sensazioni e il loro ricordo.

Fusione di bronzo, ottone tornito, piombo, bagno oro e argento


Vedova nera (una seduta)

Progetto ideato a seguito di un invito da parte di una galleria d’arte che avrebbe dovuto insediarsi in un nuovo spazio rettangolare con due pilastri centrali, concettualmente un White Cube, ma che poi non è stata creata.

Ho immaginato di attrezzare quel luogo con solo delle sedie antropomorfe nere, dunque in forte contrasto con il resto, e che avrei voluto bloccate nello spazio con un’invisibile ragnatela. Lo schienale è configurato con un piano, allargato a dismisura, modellato in relazione a un posto specifico nell’ambiente dove sarebbe stato destinato: incastrato in uno degli angoli della stanza, o ad “abbracciare”, in modo diverso, i pilastri, proponendo le sedute come oggetti immobili, altre libere ma in insiemi di coppie o a tre, come il prototipo qui raffigurato, incastrate tra loro a completare un puzzle.

Legno di rovere ebanizzato


Sordità assordante

Tra gli abitanti nei centri urbani si è consolidata la consapevolezza di dover proteggere il proprio benessere psicofisico dall’interferenza del rumore, ma il nostro odierno rapporto con il suono è diventato schizofrenico: da una parte vengono sviluppate sofisticate tecnologie capaci di isolare gli ambienti, o si fa uso delle cuffie selettive antirumore, dall’altra introduciamo musiche di fondo nei nostri spazi privati e pubblici, o c’è chi cerca di avvolgersi, perfino di stordirsi, con i suoni che ascolta, alzando a dismisura i volumi per isolarsi. Non ci preoccupiamo di non sentire più il cinguettio degli uccelli, il clacson che ci avverte di un pericolo, o l’eco che ci dà la percezione dello spazio in cui ci troviamo, siamo noi che produciamo il rumore per poi disperatamente eliminarlo!

Ma'aseh Merkabah

La Hanukkiah, cioè il candelabro Menora a nove candele, si accende durante la ricorrenza ebraica di Hanukkah. In questa festività, che cade nel periodo dell’anno in cui le ore del buio sono le più lunghe, si celebra la rivincita della luce sul buio, del bene sul male, la riuscita rivolta giudaica, condotta dai Maccabei, contro l'Impero seleucide, liberandosi così dall'influenza ellenistica. La metafora è associata al carro di fuoco con il quale il profeta Eliah salì in cielo, dove la tradizione vuole che tuttora risieda per proteggere l’umanità.

Modello 1:10 realizzato in ottone dorato


Jerusalem

The Holy Land and History of Hope

Un libro che mi è caro in modo particolare, in quanto avuto in regalo dall’amico Luigi Zangheri, dal titolo oggi emblematico più che mai. Scritto da Mrs. Oliphant, proviene dalla collezione privata del Re Vittorio Emanuele III, come testimoniato da un Ex Libris.

Curiosità: nel gennaio del 1904 Teodor Herzel fu ricevuto da Vittorio Emanuele III, a cui espose la sua idea di stato ebraico, e rimase stupito dalle conoscenze del Re della Terra Santa e di Gerusalemme. Lo stesso Re, nel visitare la Grande Sinagoga di Tripoli, il 22 aprile 1928, rimase affascinato dal Rabbino Bohabzia, e lo invitò in seguito a Roma al matrimonio di suo figlio. Ed è sempre Vittorio Emanuele III che, nel 1938, non esitò a porre la sua firma, a San Rossore, per le Leggi Razziali.

Jerusalem, The Holy Land and History of Hope, Mrs. Oliphant London MACMILLAN AND CO. And New York 1893 con Ex Libris Proprietà privata di sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III


Lago dei cigni

Vecchia pagina di musica taglia e piegata riportata a nuova vita


La Bordolese

E giunsero fino alla valle d’Eshcol, dove tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga”  (Numeri 13, 23)

  וַ/יָּבֹ֜אוּ עַד־נַ֣חַל אֶשְׁכֹּ֗ל וַ/יִּכְרְת֨וּ מִ/שָּׁ֤ם זְמוֹרָה֙ וְ/אֶשְׁכּ֤וֹל עֲנָבִים֙ אֶחָ֔ד וַ/יִּשָּׂאֻ֥/הוּ בַ/מּ֖וֹט בִּ/שְׁנָ֑יִם” (במדבר יג כג)“

La bordolese è una tipologia di bottiglia di vino prodotta nei pressi di Bordeaux. Per le sue caratteristiche, il peso e un razionale stoccaggio, si è diffusa in tutto il mondo, diventando un’icona allegorica del vino e, per estensione, del grappolo d’uva.

La bottiglia è sospesa su un tondino d’acciaio armonico al centro di un insieme che si rifà all’immaginario biblico.

Bottiglia in vetro comune, acciaio armonico, fusioni in bronzo

Maschera

Un “relitto” di liuteria, che ho salvato da legna da ardere perché mi pareva un frammento ispiratore di uno dei tanti dipinti del Cubismo sul tema della musica, e un cuneo di quelli che servono a mettere in tensione le tele, che mi fa piacere credere sia stato perso proprio da uno di quei quadri.

Ho rimesso il cuneo in tensione, e in evidenza, nel taglio iconico della ƒ dell’infranta cassa armonica, e l’insieme ha suggerito la silhouette di una maschera africana (della quale sono ancora alla ricerca di scoprire in quale quadro è stata rappresentata!)

Objet trouvé in legno

Gavia

Il calice donato a Papa Francesco in occasione della sua visita al Tempio Maggiore di Roma nel 2016.

Il fusto allungato è rastremato verso il basso e la percezione di una surreale instabilità viene acquisita con un contrappeso in piombo, introdotto all’interno dello stelo e celato alla vista. Il piombo rievoca un evento di terrore e di salvezza, il Moed (festività in ebraico), detto di Piombo, è una ricorrenza esclusiva della comunità ebraica romana, che cade il due del mese ebraico di Shevat, a cavallo tra gennaio e febbraio nel calendario gregoriano. È un anniversario di perpetua memoria di eventi risalenti al 1793 quando, miracolosamente, il cielo sereno divenne improvvisamente plumbeo, scaricando un eccezionale quanto inatteso nubifragio, che spense un incendio e disperse una folla di malintenzionati che attentava agli abitanti del Ghetto.

Argento tornito e sbalzato, piombo, interno bagno oro. One off realizzato da Pampaloni, Firenze

Cedro

Quale è il retaggio storico per cui, in italiano, Cedro condivide la denominazione di Cedrus libani e Citrus medica così diversi tra loro? Le pigne, in particolare quelle del cedro, erano usate nei rituali religiosi e nelle tradizioni, da quelli egizi, ai greco-romani, dagli assiri ai babilonesi, e nella stessa religione cattolica. Si presume che inizialmente fosse stata accolta dalla tradizione ebraica, ma in seguito, per dissociarsi, la pigna del cedro fu sostituita dagli Asmonei con l’altro “cedro”, quello profumato, dagli ebrei conosciuto durante la cattività babilonese. Da allora si consolida la presenza dell’Etrog come il nobile fra le quattro specie benedette durante la festa di Sukkot o delle Capanne.

Una volta terminata la festa c’è chi è solito “imbalsamare” il frutto, come faccio io stesso. Operazione paziente, incastrando nell’intera superficie dei chiodi di garofano - Syzygium aromaticum, per mantenere la fragranza per lunghi anni; il profumo viene fatto annusare alla sera, al termine della giornata di sabato, per sollevare l’anima dei fedeli dalla tristezza di dover rinunciare alla vicinanza della spiritualità divina a loro concessa in quel giorno.

Frutto di cedro e chiodi di garofano

Omaggio a Morandi

Nei dipinti di Giorgio Morandi, nella trasfigurazione sulla tela, le Nature Morte hanno assunto l’immaginario di un insieme architettonico, evocando con la gravità volumetrica e materica, con la quale l’artista le ha restituite, dei veri e propri scenari urbani. Le foto scattate nel suo studio, invece, testimoniano le origini compositive delle stesse, nelle quali le sue famose bottiglie e i contenitori si presentano come degli attori in scene di allestimenti teatrali, insieme effimeri e leggeri, e dove lo scarto tra i due mondi da origine alla suggestione metafisica di quelle tele.

Trovo intrigante scoprire nella metamorfosi da una realtà all’altra il momento propiziatore dell’invenzione artistica e su quello scarto si concentra il mio omaggio.

Fusione in bronzo, vetro industriale

Sol calante

Secondo la tradizione ebraica il giorno inizia al tramonto del giorno precedente ovvero quando il sole è sospeso all’orizzonte, sopra la chioma degli alberi, e termina quando si notano brillare tre stelle. Il sole nascente, non solo in Giappone dove è divenuto un emblema nazionale, prima di andare in apnea nei mari occidentali è percepito più grande vicino allo zenit, e all’orizzonte appare come una sfera rovente.

Così lo è la palla di vetro sulla sommità della canna appena soffiata, che prima di solidificarsi è stata schiacciata con la pinza, quanto basta per lasciare in memoria, una volta raffreddata, due cavità contrapposte, perfette affinché si adagi all’interno di una biforcazione di un albero fuso in bronzo. L’acceso color rosso rubino del vetro è ottenuto amalgamandolo con quello trasparente dell’oro colloidale.

Vetro di Murano soffiato a mano libera, fusione in bronzo

TVTEMPLETABLE

Negli anni ottanta la TV, ancora a tubo catodico, si presentava necessariamente come un cubo, e il modello disegnato da Marco Zanuso e Richard Sapper, prodotto dalla Brionvega, va considerato come una configurazione metafisica di quell’oggetto. Per quell’apparecchio, ma di fatto non esclusivamente, ho disegnato nel 1981 il TVTAMPELTABLE, un supporto rialzato, una architettura che ha voluto essere altrettanto emblematica e ironica, sfociando nella metafora del ruolo sociale che la TV, con la sua diffusione capillare, stava guadagnando.

Modello 1:10 realizzato in ottone dorato

Ossimoro

Mettere “in crisi” una forma già realizzata, e per giunta in cristallo, trapanandola, per poi in seguito “rammendare” i fori mediante sottilissimi fili d’acciaio armonico, messi in tensione, e cui estremità sprigionano l’energia della loro elasticità.

Vaso H 40 cm, soffiato a bocca in cristallo 24% PbO, bordo superiore molato, fili d’acciaio armonico diametro 3 decimi, lunghi 100 mm

Piatto Rosso

Alla stregua delle confessioni religiose, delle ideologie politiche e culturali, così le strategie di promozione commerciale tendono a fare dei “proseliti”, che si identificano attraverso “icone”, colori e inni, trasformandoli in ritualità. Tutto ciò scaturisce da sentimenti innati, insiti nell'uomo, che rispondono alla necessità di appartenere a dei gruppi, siano essi sociali, nazionali, etnici... attuando un processo identitario che si concretizza in una fenomenologia definibile “culturale”.

Il piatto fa parte di una collezione curata da Prospero Rasulo in occasione del centenario della rivoluzione comunista 1917-2017

Un balletto 

Le forme antropomorfe sono state ispiratrici, e ancora oggi sono una componente intrigante della tipologia di molti oggetti d’uso.

Mettendo insieme un comune tirabusción e uno schiaccianoci di produzione seriale, ho potuto riproporre una raffigurazione umana che dedico alla mossa di Varvara Nikitina nel ruolo della Fata Confetto, ma che potrebbe altrettanto suggerire una delle marionette di Oskar Schlemmer che sempre mi hanno affascinato.

Scultura ready made in zama, ottone e fil di ferro bagnati con oro 

Via della Seta

Alla mostra Cina. Nascita di un impero alle Scuderie del Quirinale nel 2006, quasi tutte le ottanta opere esposte provenivano da musei, istituzioni e collezioni italiane ed europee, escluse quelle dei “Grandi Artisti Cinesi Contemporanei” che provenivano dalla Cina.

Mi sono domandato se la scelta della sagoma perforata dell’obliteratrice dell’ingresso, a forma di una stella a cinque punte - N.B. allora la convalida era ancora manuale -, sia stata intenzionale. Il mio intervento nel biglietto, inserendo un alone rosso alla stella, invece lo è stato! 

Cornice in legno, vetro e collage di carta

Le Chimere

In un delirio per l’insonnia in una notte di mezza estate del ‘92, una delle più afose che si ricordino a Firenze, mi sono trovato circondato da animali fantastici, che parevano dei collage, sembravano pezzettini provenienti dal bestiario di Georges-Louis Leclerc de Buffon, strappati e rimessi insieme a caso prefigurando straordinari “animali chimerici” pronti di salire sull’arca di Noè.

Sono riuscito memorizzarne alcuni fissandoli in degli schizzi e, in seguito, insieme al maestro vetraio della Nuova Vilca di Colle Val d’Elsa, a resuscitarli!

Cristallo al 24% di piombo, soffiati a mano volante da Nuova Vilca, Colle Val d’elsa (FI), 1982

La Spada nella Roccia

La fortuna del mito celtico della “Spada nella Roccia” e dei suoi immaginari, quanto lontani sono dalla nostra realtà, tanto riescono a catalizzare l’immaginazione nel presente e perfino a proiettarla nel “futuro” nonostante - ma proprio perché ci piace immedesimarci come avatar nei ruoli fiabeschi - i personaggi della società cavalleresca siano una realtà fuori luogo e tempo.

Facendo tesoro di queste suggestioni, le ho rievocate in un “concentrato” in miniatura e conservate sotto una campana di vetro. La roccia è di marmo di Carrara sfaccettato, che originalmente usavo per evitare che le porte sbattessero col vento, la spada è invece raffigurata con un punteruolo da cucito, che mi piace credere facesse parte di un nécessaire del corredo di una nobile dama, oggi testimone di un ordine sociale del passato ma bello in quanto arriva a noi in forma di fiaba.

Punteruolo da ricamo in ferro, ferma porta in marmo di Carrara, vetro e legno

Pugno nell’occhio

Oggi con “i social”, ma non solo, quanto espresso in apparente privato potenzialmente giunge in pubblico e ogni individuo si sente personalmente coinvolto dagli “influencer”. Questa stessa relatività è utilizzata dai cronisti, dagli opinionisti e dai politici per comunicare una “verità ripiegata” per compiacere un pubblico schierato, un sistema che si nasconde dietro il magico concetto di libertà e libera scelta, e con questo acquisendo la licenza di disattendere la verità!

La maschera, diceva Pirandello, “rappresenta l’identità che l’individuo assume per interagire con il mondo esterno”, fuori dalla rappresentazione teatrale, le metafore culturali soccombono al confronto della autenticità, la verità relativa è un pugno nell’occhio nel volto dell’ordine delle nostre società.

Maschera tribale, vetro di Murano soffiato a mano volante

Olivo

Lo stelo del candelabro è un ramo ritorto d’olivo, raccolto a Gerusalemme e fuso in bronzo; i boccioli che si adagiano sul tralcio, sedi delle candele, sono ancora in fiore ma già frutto di un melograno, e rappresentano l’ibridazione tra natura e artificio, fra frutto della natura e l’uso che l’uomo fa della stessa. Il basamento è formato da un solido geometrico, una sfera di cui metà è in vista mentre l’altra è da immaginare, come avviene con le radici di un albero, poste sotto il piano di “terra”.

Bronzo fuso, ottone tornito dorato e parzialmente argentato, vetro di Bohemia

Copylight Silhouette

Correva l’anno 1993 quando ho corrisposto a un invito del curatore di un’azienda tedesca di fissare su un foglio quadrato un’idea, un’invenzione grafica, che ci rappresenta. L’insieme degli architetti, designer e artisti invitati avrebbe creato una raccolta a testimonianza dello stato dell’arte del momento. I contributi raccolti sono stati poi stampati sul davanti e, in copia speculare, sul retro di un foglio, a comporre un lussuoso volume rilegato con viti con l’invito, ai possessori, di sceglierne uno da inserire in una struttura di metacrilato allegata al libro, come paralume/quadro di un applique retro illuminata.

Il mio contributo è partito da un gesto, un autoscatto del mio profilo realizzato lo stesso giorno, poi ingrandito in scala reale, copiato e ritagliato su un cartoncino nero. Questo genere di ritratti si è sviluppato in Francia dalla seconda metà del Settecento, suggerito dagli studi fisiognomici del filosofo svizzero Johann Kaspar Lavater, avendo presente, però, il mito sulle origini del disegno descritto da Plinio il Vecchio, ovvero un tracciato con carboncino di una linea, l’ombra del suo stesso volto proiettata sul muro da un focolaio. Come nel mito, ho bloccato nel tempo l’ombra della mia effige, aggiungendo la prescrizione di fissare quell’applique alla mia precisa altezza.

Carta stampata, struttura in acciaio con portalampada e metacrilato

KayaYei

 

Vaso H 58 cm, vetro verde di Murano soffiato da Simone Cenedese, tondini zigrinati di ferro, maschera tribale, colore IKB

Mezuzah

Correvano gli anni ’60 e nella città di Safad, fulcro della cabala, fra le rovine di una casa che si avvertiva da lungo tempo abbandonata, ho notato una Mezuzah su quello che fu uno degli stipiti d’accesso alla dimora. L’ho strappata e portata via, scoprendo che il contenuto all’interno dell’astuccio di latta si era perfettamente conservato. Il cuore di quell’amuleto era una pergamena con un passaggio dal Deuteronomio 6.4-9 “Ascolta Israel: il Signore o Dio…” stilata con una particolare calligrafia dallo scrivano Sofer SeTaM. Da allora quel cimelio mi accompagna, non più accartocciato all’interno di una custodia ma incorniciato, in tutte le mie dimore esistenziali.

Pergamena, calligrafia secondo il Vecchio Admor, cornice dipinta e vetro